Vivian Maier. La fotografa ritrovata – in mostra a Bologna
Dal 3 marzo al 27 maggio 2018, l’incantevole Palazzo Pallavicini (via San Felice 24, Bologna) proporrà al pubblico un’esposizione dedicata a Vivian Maier, una straordinaria mostra con le magnifiche fotografie originali di una delle fotografe più apprezzate del XX e del XXI secolo.
La mostra è stata curata da Anne Morin di DiChroma Photography sulla base delle foto dell’archivio Maloof Collection e della Howard Greendberg Gallery di New York.
Leggiamo le parole della curatrice:
“Vivian Maier (1926-2009) lavorò come governante per più di quarant’anni dagli inizi degli anni ’50. La sua vita intera passò inosservata, finché il suo corpus fotografico non venne recentemente riscoperto ad un’asta fallimentare (2007): un lavoro colossale di più di 120.000 negativi, filmini in super 8mm e 16mm e fotografie varie. Nonostante non ci sia ancora stato il tempo di comparare tutti i differenti studi ed analisi sul suo lavoro, ci è sembrato importante raccogliere una rappresentativa anche se non esaustiva selezione delle sue opere di fotografia e questa prima esposizione lascia intravedere il fine occhio e la raffinatezza con cui Vivian Maier si appropriò del linguaggio fotografico della sua epoca.
Nel suo tempo libero, Vivian Maier fotografò strade, persone, oggetti e paesaggi. Fotografò quello che vedeva così com’era, cogliendo istintivamente l’attimo giusto, e raccontò la bellezza dell’ordinario, cercando le impercettibili crepe e sfuggenti inflessioni della realtà nella banalità del quotidiano.
Il suo mondo erano gli altri, gli sconosciuti, gli anonimi che Vivian Maier toccava per un attimo con il suo obiettivo e che da quella distanza si trasformavano in protagonisti di aneddoti di ordinaria importanza. Ed anche se osò composizioni e inquadrature sconcertanti, Vivian Maier si intrattenne sempre sulla soglia delle scene che fotografava, mai a lato, per non restare invisibile. Prende parte in quello che vede e diventa lei stessa il soggetto delle immagini.
I riflessi sul viso, la sua ombra che si estende al suolo, il suo profilo sono proiettati nell’immagine. Scattò numerosissimi autoritratti con l’insistenza di chi è in cerca di sé stesso e coltivò una certa ossessione per l’atto stesso di fotografare, per il gesto, per l’azione in sé.
Non diede mai titoli alle sue fotografie, e le indicazioni su date e luoghi vengono da note a mano recuperate dai suoi archivi”.
(Anne Morin – Curatrice)
Per maggiori informazioni:
https://business.facebook.com/palazzopallavicini/?fref=mentions
[Notizia riportata dalla redazione di visiting Bologna]